Sequestrato il bambino Gesù! Giuseppe e Maria, insieme alla Comunità Emanuele lo cercano

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“Caro Gesù Bambino..” quasi sospiro queste 3 parole mentre guardo tutto dall’alto. Mi hanno insegnato alcuni anni fa che c’è una netta differenza tra vedere e guardare e quasi come un buon architetto d’interni cerco di comprendere se, dalla mia prospettiva, il presepe di quest’anno sia piacevole alla vista e tutto sia in perfetta armonia. “Caro Gesù Bambino..” ripeto mentre posizioniamo l’ultima ma più importante pietra. Abbiamo posizionato muschio, alberelli, le altre pietre e ora anche Tu “Caro Gesù Bambino” sei proprio il centro della scena.

Il presepe di quest’anno è stato proprio fatto con delle pietre. I ragazzi della Comunità Emanuele hanno dipinto a proprio piacere delle pietre scelte tra tante. Ciascuno ha voluto mettere in quei colori qualcosa che lo rappresenti: la bandiera del proprio lontano paese di provenienza, i colori di una loro passione ecc.

“Caro Gesù Bambino…” ora, una volta completo, il presepe grazie a Te sembra quasi prendere vita. Prima avevamo davanti “solo” delle pietre grigie, ora tutto è uno splendido colore. Ed è questo quello che vogliamo rappresentare: ognuno può “colorare” la vita degli altri. E noi cerchiamo di farlo ogni giorno con i “nostri” ragazzi.

“Caro Gesù Bambino…” all’improvviso ho quasi l’impressione che sia Tu a rivolgerti a me e ti osservo dall’alto con maggior attenzione avvicinandomi di più, mi pare quasi di sentire: “Prendimi!”. E allora comprendo meglio la scena che mi si pone davanti: un piccolo bambino con le braccia aperte che aspetta solo di essere preso in braccio.

Mi tornano alla mente le parole di Papa Francesco che ci sottolinea come un uomo deve guardare un altro uomo dall’alto solo quando si china su di lui per aiutarlo. “Caro Gesù Bambino…” la mia intenzione era quella di affidarti i nostri ragazzi e queste pietre che ti stanno intorno sono proprio loro. Toglierti di là sarebbe ritornare al grigio e perdere ogni colore che hanno appena conquistato.

Anche i giorni successivi passando accanto al nostro bel presepe quella voce che prima era solo un sospirare ora è sempre più una richiesta di aiuto: “Prendimi!” e Ti guardo ancora una volta dall’alto in basso. Ma resisto, i nostri ragazzi dovranno mantenere la luce dei loro colori.

È ormai passato il giorno di Natale e mi avvicino al presepe per sistemarlo un po’: qualche alberello si è piegato, un po’ di terra è caduta dalla cassetta di legno che la conteneva. Guardo ancora una volta quanto si presenta davanti a me dall’alto verso il basso. Non sento più quel “Prendimi!” dei giorni precedenti. Osservo le pietre (i nostri ragazzi) nei loro luminosi colori e mi accorgo che nella capanna, realizzata con corteccia di legno scartato, manca proprio la pietra principale sulla quale avevamo posto Gesù Bambino. Non capisco, guardo meglio, quasi lo chiamo: “Caro Gesù Bambino…”. E constato che quel Bambino non c’è più, è stato portato via. Ne parlo con i ragazzi che mi confermano che anche loro hanno notato questa cosa e mi domandano come possiamo provvedere.

Rifletto e comprendo. Quello spazio vuoto verrà occupato da ciascuno di noi che con la propria vita sarà capace di mantenere vivi i colori degli altri abbassandosi per soccorrerli.

I ragazzi mi hanno sorpreso: nella loro semplicità non mi hanno domandato dove fosse quella pietra ma solo come provvedere. Avevano compreso prima di me. Qualcuno, passando accanto a quel presepe, aveva sospirato con la sua vita grigia: “Caro Bambino Gesù” e si era sentito rispondere: “Prendimi! Darò colore alla tua vita”.